ALBERO GENEALOGICO DEL PATRIARCA

COMMEMORAZIONE DEL PATRIARCA LATINO DI GERUSALEMME

GIOVANNI VINCENZO BRACCO

Sabato 27 Aprile, alle ore 17, nella chiesa parrocchiale di Torrazza il nostro Ecc.mo Vescovo, ha tenuto una dotta e profonda conferenza sulla figura del Patriarca, vanto della Parrocchia di Torrazza e della Diocesi di Albenga-Imperia.

Dopo l'incontro, i numerosi presenti, preceduti da un folto gruppo di altre persone del paese e di Imperia, si sono ritrovati nella frazione di Torrazza, davanti la casa nativa del Patriarca, e, dopo un breve e incisivo discorso del Sindaco Claudio Scaiola, si è proceduto alla benedizione e scoprimento di lapide ricordo.

La popolazione visibilmente commossa, ha voluto dire, con un improvvisato rinfresco, la sua gioia e riconoscenza alle autorità convenute, il Vescovo, il Sindaco, l'Assessore alla Cultura Dr. R. Leone, l'On. L. Acquarone ed altre autorità presenti.

Riportiamo i passi salienti del discorso del nostro Vescovo, S.E. Mons. Mario Oliveri.

Desidero sottolineare con forza e con senso di giusto compiacimento per la nostra diocesi - il singolare e quasi straordinario rapporto che il Patriarcato Latino di Gerusalemme ha con la Chiesa di Albenga-Imperia: il rinnovato avvio, la riorganizzazione, la struttura missionaria ed ecumenica di quel Patriarcato si debbono a due nobili personalità di questa terra; alla loro dottrina, prudenza, esperienza e santità: il Patriarca Giuseppe Valerga, nato a Loano il 13 aprile 1813, e il Patriarca Vincenzo Bracco. Due figure dotate di diversi temperamenti, più fermo, ardente ed energico il primo; più mite ed amabile il secondo, ed anche fisicamente piu fragile; ma entrambe animate da ardore missionario, che li portò in Oriente e nella Terra Santa.

Giovanni Vincenzo Bracco nacque a Torrazza il 14 settembre 1835 e quello stesso giorno fu battezzato. Di vivace intelligenza frequentò a Porto Maurizio il ginnasio e il liceo, a costo di non lievi sacrifici per lui e per la famiglia, che traeva modeste condizioni di vita dal lavoro della campagna.

Durante gli studi a Porto Maurizio germogliò in lui, e non fu soffocata, 1'idea di diventare Sacerdote. Si riuscì a superare difficoltà economiche, ed egli poté entrare nel Seminario di Albenga il 10 ottobre 1854, per dedicarsi agli studi di Teologia (aveva 19 anni-oggi lo diremmo una vocazione adulta).

Contemporaneamente alla vocazione sacerdotale doveva essergli nata anche quella missionaria, se già nell'autunno dell'anno seguente, cioè del 1855, il chierico Bracco veniva mandato nel Collegio Brignole Sale, a Genova, che era stato appena fondato allo scopo di preparare gli .alunni nella scienza e nella pietà, e di abilitarli alla propagazione della fede e della civiltà cristiana soprattutto al di fuori dei Paesi da tempo evangelizzati e cristianizzati. Da alunno del Brignole Sale dimostrò e consolidò il suo temperamento: amabile e inalterabile, allegro e buono; si impegnò con grande esattezza e regolarità nei doveri di studio e di disciplina; la sua vita spirituale fu alimentata da pietà fervente e profonda. Ecco gia le caratteristiche della vita di chi diverrà tra non molti anni un vero padre, un grande pastore, un autentico missionario: bontà, dottrina, pietà. Ricevette 1'Ordinazione sacerdotale il 18 giugno 1859 e rimase ancora un anno circa nel Collegio, come Sacerdote-studente.

La sua destinazione, come missionario, al Patriarcato Latino di Gerusalemme fu determinata dall'intervento di un suo condiscepolo al Brignole Sale, anch'egli della nostra diocesi, il quale da un anno era partito missionario in Terra Santa: si tratta di Don Antonio Belloni di Borgo d'Oneglia. Questi parlò di Don Bracco, ovviamente in maniera assai positiva, al Patriarca Valerga, il quale si affrettò a chiederlo al Superiore del Collegio di Genova, per mezzo del Cardinale Prefetto di Propaganda Fide.

Don Bracco lasciò il Collegio Brignole Sale il 27 Aprile 1860 e dopo due settimane di sog-giorno a Roma partì da Civitavecchia e raggiunse Giaffa il 23 Maggio, quindi Gerusalemme il 26. Lì fu il suo grande terreno di vita e di ministero apostolico; lì si realizzò la sua vocazione sacerdotale-missionaria.

In quali campi della vita del patriarcato, che andava prendendo forma ed organizzazione, egli esercitò il suo ministero prima di succedere alla grande, eminente figura, e possente personalità del Valerga? Essenzialmente nel campo della formazione dei candidati al sacro ministero: prima come insegnante di filosofia; poi, due anni dopo, anche come rettore del Seminario, a 27 anni! Don Belloni, che era 4 anni più avanti in età, era Direttore spirituale. Appena Sacerdoti, furono veri formatori di Sacerdoti: evidentemente, si può, anche in giovane età, trasmettere quello che si ha, purché quello che si trasmette sia la manifestazione di quello che si vive profondamente, interiormente.

Oltre alla cura del Seminario, Don Belloni si dedica anche all'assistenza degli orfani; Don Bracco lo coadiuva e diventa cofondatore del grande Orfanotrofio di Betlemme.

Crescono la stima e la fiducia del Patriarca Valerga nei confronti del giovane Rettore del Seminario; a cinque anni dal suo arrivo nel Patriarcato, per avere un Vescovo Ausiliare, perché lo aiuti con maggiore autorevolezza in tutto il suo governo patriarcale, e fors'anche nei rapporti di collaborazione con i Religiosi che tenevano la cosiddetta «Custodia di Terra Santa»; 1'amabilità e la bontà di Don Bracco erano quello che ci voleva.

Il Papa accoglie la richiesta del Patriarca, e nomina Mons. Bracco Vescovo titolare di Magido in Panfilia, e lo assegna allo stesso Patriarca quale suo Ausiliare. La consacrazione episcopale avvenne il 13 Maggio 1866, per le mani del Patriarca Valerga, essendo consacranti Mons. Guglielmo Massaia ed un Vescovo armeno. Da molto tempo la Città Santa non vedeva consacrazioni episcopali.

Mons. Bracco, ormai Vescovo Ausiliare, diventa anche Vicario Generale e continua il suo compito di Rettore del Seminario: al compito di formatore di Sacerdoti missionari, si aggiunge quello di governo e di santificatore al più alto livello-cioè nella pienezza del Sacerdozio-insieme, accanto, in piena comunione di mente e di cuore col suo Patriarca.

Preparò, su incarico del Patriarca affidatogli nel 1868, un Regolamento per il Clero della diocesi patriarcale di Gerusalemme; tale ordinato compendio di norme, di indicazioni e di esortazioni è rimasto ed è ricordato tra le opere più insigni e maggiormente rivelatrici dell'animo di Mons. Bracco, della sua saggezza, prudenza, moderazione ed equilibrio.

Perché tanta importanza a quel «Regolamento del Clero Patriarcale»? Perché dalla vita, dalla santità e dal ministero sacerdotale dipende la vita di tutta la comunità cristiana, di un'intera Chiesa particolare; dipende la fecondità di quello che la Chiesa compie per 1'evangelizzazione e la santificazione dei fedeli, di tutti gli uomini che accolgono il Vangelo e la vita nuova in Cristo.

Rimane ancora da evocare l'ultimo tratto della vita apostolica di Mons. Bracco, fecondata dalla bontà e dalla santità: il periodo della sua missione patriarcale.

Alla morte della generosa geniale e multiforme personalità del Patriarca Valerga, non si poteva non pensare a Mons. Bracco come al suo naturale successore, perché egli continuasse indubbiamente, con il suo proprio stile, l'opera intrapresa e condotta con mano ferma dal predecessore (la fermezza del Valerga si mostrò in maniera evidente anche nella sua difesa del Primato Pontificio, solennemente definito dal Concilio Ecumenico Vaticano I, nel 1870: difesa non solamente della verità del Primato del Successore di Pietro, ma anche dell'opportunità che tale verità venisse definita «di fede»; anche per questo la Chiesa di Albenga-Imperia può ben essere di lui fiera).

Benché di forte tempra e di robusta costituzione, il Patriarca Valerga morì di tifo all'età di 60 anni, il 2 dicembre 1872: la sua vita era stata sufficientemente intensa e ricca di virtù e di meriti.

II 21 marzo 1873 veniva annunciata la nomina di Mons. Bracco a Patriarca di Gerusalemme dei Latini: era chiara la volontà, da parte del Santo Padre, Pio IX, che vi fosse continuità e completamento nel governo del ristabilito, ed ormai ben avviato, Patriarcato.

Sintetizzando al massimo, si può dire: il Patriarca Bracco, intento come ogni vero apostolo a dilatare il Regno di Dio, continuò 1'impegno missionario, fondando nuove Missioni (durante il suo Patriarcato raddoppiarono), e chiamando nuovi operai del Vangelo e nuove Religiose, che collaborassero all'opera di evangelizzazione e di educazione cristiana; non rallentò mai nell'impegno di formazione dei futuri ministri del Signore, né diminuì la sua particolare attenzione al Clero; fu maestro di Fede e di Dottrina, in maniera eminente con le sue Lettere pastorali; si rese un Pastore presente, visitando le Missioni sino all'estremo delle forze, finché, dopo aver celebrato già con fatica le Solennità Pasquali del 1889, durante la Novena di Pentecoste fu colto da malore, a motivo di una polmonite incurabile, che lo portò alla morte il 19 giugno. Aveva appena 54 anni, ma già 23 di episcopato e 16 di patriarcato. Fu sepolto nella chiesa patriarcale, di fronte al Patriarca Valerga.

L'anno prima della sua morte, nel 1888, era stato a Roma, per compiere la «Visita ad Limina».

Non aggiungo altri particolari, altri fatti od informazioni. Debbo ora dare la risposta alla domanda: «Che cosa dice a noi, ad un secolo di distanza, la vita apostolica del Patriarca Bracco, non disgiunta da quella del Patriarca Valerga»?

1. Il Sacerdozio, la missione della Chiesa, la sua natura essenzialmente missionaria, hanno la loro ragion d’essere nella verità assoluta ed intramontabile che in Gesù Cristo unicamente c’è la Salvezza, perché Egli è il Figlio di Dio, è il Verbo Incarnato; che Dio può essere conosciuto soltanto in Gesù Cristo; che la comunione di vita con il Padre che sta nei Cieli può essere realizzata solamente in Cristo: la Chiesa esiste ed agisce per far conoscere e portare Gesù Cristo.

2. Non si possono instaurare autentiche Missioni Cattoliche o giuste relazioni ecumeniche con cristiani non cattolici o con non cristiani al di fuori della verità appena enunciata, e al di fuori della convinzione ferma, da non mettersi mai in dubbio, che nessuna Chiesa, d'Oriente o d'Occidente, può essere pienamente la Chiesa di Cristo senza autentica comunione di Fede, di Sacramenti e di Disciplina con la Chiesa dell'Apostolo Pietro con la Chiesa di Roma.

3. La vita di una Chiesa particolare, la sua capacità di azione e di apostolato, sono determinate dalla vita e dal ministero sacro, sacerdotale: la formazione del Clero e la cura di vocazioni sono sempre essenziali, di vitale importanza

4. Le caratteristiche di un vero Pastore sono necessariamente bontà e paternità; profonda pietà, senza la quale qualsiasi attività perde il suo carattere soprannaturale; preparazione e fedeltà dottrinale; zelo apostolico-missionario, fondato e sorretto dalla Fede in Gesù Cristo.

5. La continuità, non solamente nella Fede e nei Sacramenti, ma anche nella Disciplina e nel governo è caratteristica fondamentale della vita della Chiesa; è deleterio, nocivo per la fede e per 1'impegno cristiano il dare anche solo l’impressione di reali o di possibili mutamenti radicali o di rotture; i cambiamenti, nella Chiesa non possono che riguardare la forma, ciò che è contingente, mai ciò che è essenziale.

6. Accanto a uomini grandi e santi facilmente sorgono uomini grandi e santi: la virtù, la santità, il bene, l'amore alla verità, la dedizione alle grandi cause, lo zelo per la salvezza delle anime, sono tutte realtà contagiose; la semplice conoscenza di esse già genera volontà di imitazione.

7. Le sane famiglie cristiane e le autentiche comunità di fede non possono non essere terreno fecondo per vocazioni sacerdotali-missionarie.

Queste sono alcune verità (certamente non tutte), e strade da percorrere, ispiratemi da una conoscenza-per ora incompleta, non approfondita-della vita del Patriarca Giovanni Vincenzo Bracco e di quella del Patriarca Giuseppe Valerga, figli e gloria sicura della nostra Chiesa di Albenga-Imperia.

Mario Vescovo

Tratto da 'Ascoltami'

Stemma Episcopale di Monsignor Vincenzo Giovanni Battista BRACCO

Nello stemma del Patriarca appaiono tre particolari salienti: la torre del suo paese natale, Torrazza, il cane bracco che ne evoca il cognome e la croce Patriarcale che sovrasta lo scudo stesso. Questa croce ha due traverse: quella superiore, più  piccola, rappresenta l’iscrizione di Pilato (INRI) e quella inferiore é il supporto ove si stendevano le braccia di Cristo.

Hanno il titolo di Patriarcato, in Oriente, le Chiese fondate dagli Apostoli: la Chiesa di Gerusalemme fu appunto fondata da Giacomo “il minore” cugino di Gesù.

In qualità di Gran Maestro dell’Ordine dei Cavalieri del Santo Sepolcro, il Patriarca BRACCO, nei 17 anni del suo Patriarcato, nominò 1.116 Cavalieri tra cui il principe ereditario d’Austria, l’arciduca Rodolfo (1881) e l’arciduca Ferdinando (1885), l’imperatrice del Brasile Christina (1888), il presidente del Venezuela, generale A. Guzman-Blanco (1887). L’imperatore del Brasile, D. Pedro II, era stato nominato Cavaliere del S. Sepolcro dal Patriarca Valerga  nel 1870.